Sicurezza dei ciclisti sulle strade: a che punto siamo arrivati?

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La protezione del ciclista non inizia e non finisce con l’indossare il giusto abbigliamento da ciclismo. Più di ogni altra cosa, si tratta di creare un ambiente in cui un ciclista possa sentirsi sicuro e a proprio agio sia per professione sia per spostarsi da un luogo all’altro. Dal 2018 al 2021 in Italia sono morte in media 217 persone ogni anno per incidenti in bicicletta, più di una ogni due giorni, secondo i dati raccolti dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). L’Italia, infatti, è uno dei paesi in Europa con il più alto tasso di mortalità per km pedalato.

Paola Gianotti non è estranea al pericolo che la maggior parte dei ciclisti teme o sperimenta sulla strada. La sua campagna per promuovere la sicurezza dei ciclisti deriva dal suo incidente stradale nel 2014, quando un automobilista l’ha investita in Arizona durante il suo giro del mondo in bicicletta. Oltre alla rottura della quinta vertebra cervicale, ha conosciuto anche Marco Cavorso il cui figlio Tommaso, di 13 anni, è stato ucciso da un automobilista che ha sorpassato illegalmente 4 auto, su linea continua. Insieme a Marco e Maurizio Fondriest, Paola ha iniziato una campagna per la protezione dei ciclisti su strada fondando l’Associazione “Io Rispetto il Ciclista”.

Da allora hanno aderito oltre 400 comuni in Italia con l’affissione di oltre 4.500 cartelli. Organizzazioni come la Federazione Italiana Amici della Bicicletta (FIAB) e la Fondazione Michele Scarponi hanno contribuito a portare avanti la campagna in diverse località. In particolare con l’Associazione Ciclisti Professionisti Italiani (ACCPI), l’associazione punta a portare avanti la campagna per l’introduzione della distanza di 1,5 metri in caso di sorpasso da parte degli automobilisti.

A oggi il codice della strada dice che un automobilista deve sorpassare un ciclista a “distanza di sicurezza”, che può significare tutto e niente. Pertanto, è necessario introdurre il numero 1.5. Anche se potrebbe non cambiare completamente la situazione, è sicuramente un primo passo importante.

Abbiamo chiesto a Paola quale sia la visione per il DDL di rispetto del distanziamento di 1,5 metri. “Ciò che è fondamentale è un cambio di cultura. Chi guida un’auto – afferma Paola – deve rendersi conto e capire di avere in mano un’arma molto pericolosa e che le strade non sono state pensate solo per le auto ma per tutti gli utenti che le devono utilizzare, e proprio la massima attenzione va prestata agli utenti della strada più deboli”.

Proprio di recente è avvenuta la morte prematura di Davide Rebellin causata dall’impatto del camion che lo ha travolto in una rotonda nei pressi di Lonigo (VI). Questo spiacevole incidente è stato citato dall’onorevole Mauro Berruto nel suo recente discorso al Parlamento come un invito al governo italiano a intervenire sul codice della strada e promuovere la distanza di 1,5 metri.

Pensatela così, se un ciclista commette un’infrazione al codice della strada, difficilmente uccide un automobilista, mentre l’automobilista che commette un’infrazione al codice della strada può arrecare danni peggiori a un ciclista o addirittura causarne la morte. Guardiamo alla distanza di sicurezza di 1,5 metri per ricordare che alla fine della giornata, sia che si guidi un’auto o si sia in sella a una bicicletta, siamo tutti utenti della strada.

Siamo ancora lontani dal raggiungimento della completa sicurezza per i ciclisti, ma dovremmo intanto partire tutti da un semplice numero: 1,5 metri.